La strada verso la profittabilità: il ruolo dell’NPS
Da subito si è introdotto il tema dell’NPS (Net Promoter Score) come principale misura del valore aggiunto dei nuovi servizi finanziari in un contesto di crescita accelerata. L’NPS riassume la fiducia dei clienti, la qualità del servizio e l'abilità di creare valore. In media, le banche tradizionali si attestano su NPS molto bassi, se non addirittura negativi, mentre le challenger banks sono riuscite a portarlo in territori positivi, nel caso di Qonto anche molto elevato e al pari del benchmark di mercato dei migliori servizi digitali.
Generare profitto rimane comunque l’obiettivo finale di qualsiasi azienda, ma va sottolineata anche l'importanza del percorso verso la profittabilità, che dipende da variabili come crescita della base clienti mese su mese, e alcuni parametri come gross margin e operating margin.
Ma se da una parte le challenger banks puntano a diventare sostenibili, dall’altra ci sono le banche tradizionali che cercano di stare al passo con i tempi e digitalizzare i propri servizi.
Il rapporto tra Fintech, challenger banks e banche tradizionali: competizione o collaborazione?
Le banche tradizionali hanno iniziato il processo di digitalizzazione molto tempo prima del periodo di emergenza sanitaria, ma hanno dovuto far fronte a diversi limiti in termini di scalabilità delle proprie soluzioni.
Gli istituti hanno infatti riscontrato difficoltà nel produrre continuamente ed in modo rapido nuovi prodotti, servizi ed esperienze, principalmente a causa di sistemi software ed informatici di vecchia generazione, della presenza fisica sul territorio che ha rallentato la velocità di adozione di nuove soluzioni innovative ed infine, per mancanza di competenze e metodologie adatte.
Al contrario le challenger banks sviluppano più efficacemente prodotti facilmente adottabili dagli utenti, grazie alla flessibilità e alla intuitività delle soluzioni proposte e a servizi clienti rapidi.
Si prevede dunque uno scenario composto da banche di vecchia e nuova generazione che dovranno operare in un nuovo mercato, sicuramente più competitivo ma anche più collaborativo.
La concorrenza è d'altronde uno stimolo non solo positivo, ma anche fondamentale per il mercato: favorisce infatti lo sviluppo e la qualità del servizio offerto.
Le banche, che tradizionalmente hanno sviluppato i loro prodotti internamente, probabilmente si adegueranno ai nuovi bisogni degli utenti ed è possibile che le realtà più solide saranno in grado di offrire un servizio competitivo ibrido, pronto a rispondere alle esigenze locali e digitali.
Nonostante questo sforzo, è possibile che il risultato non sia all’altezza degli standard di qualità e tecnologia offerti dagli istituti nativi digitali. Questa consapevolezza apre le porte a nuove collaborazioni e/o operazioni di acquisizione e fusione aziendali.
Per le banche ed istituti di pagamento native digitali, le collaborazioni rappresentano un valore aggiunto integrato, avendo come obiettivo quello di offrire un servizio completo ai propri utenti.
L’entrata in gioco dei colossi Big Tech, cosa possiamo aspettarci
Grazie alle numerose regolamentazioni, come la PSD2, il mercato fintech è diventato molto più concorrenziale, a vantaggio dei consumatori finali. Sicuramente gli attori Tech più importanti sanno come sfruttare questa opportunità al meglio, integrando servizi finanziari senza voler diventare necessariamente banche e creando ulteriore valore aggiunto per i propri network. Ne sono un buon esempio Apple Pay e Google Pay, servizi entrati ormai a far parte dell'ecosistema dei pagamenti digitali e imprescindibili da esso.